mercoledì, luglio 03, 2013

Tagliare

Si legge un po' dappertutto. Sembra proprio il consiglio che qualsiasi scrittore si sente di dare prima di ogni altro all'aspirante che implora conoscenza, o la perla di saggezza da elargire all'intervistatore di turno. Ognuno ha in mente una frase del proprio autore preferito che dice qualcosa a proposito. Della gioia che si prova in quest'azione taumaturgica. Tagliare, tagliare tagliare.
Quando si compone un'opera di narrazione, la seconda versione è davvero quasi sempre "la prima versione meno il 10%" (Stephen King, mi sembra). Mai pensare a una pagina come perfetta, indispensabile. È l'anticamera del fallimento.

Sacrosanto.

Poi mi metto a scrivere e mi accorgo che la mia fatica si compone di elementi differenti da tutto questo. Molto differenti. Diciamo praticamente opposti.
Riesco a far arrivare su carta una percentuale così ristretta di quello che mi passa nella testa (sempre assillato dall'idea di prenderla larga, di riempire pagine per il gusto di farlo, di annoiare) che tagliare è veramente l'ultimo dei miei problemi.
Se mai, devo stare attento a non comprimere troppo, a non lasciare il lettore insoddisfatto per la troppa coincisione.

Quindi, nel momento in cui mi accorgo che la storia non sta procedendo nel verso giusto (e, fidatevi, c'è sempre quel momento) il mio primo istinto è quello di vedere cosa manca, non cosa c'è di troppo.
Cercare di capire cosa mi è rimasto in gola per la troppa paura di stancare. Allungare un po po' la lenza, ché – sì – i miei pesci voglio che abbocchino saltando fuori ma – diamine – almeno un po' vicino all'acqua dovrò pur metterlo, quest'amo.

Mentre ragiono su come dare respiro alla storia, e capisco che ci vorranno una ventina di pagine in più, distribuite in quattro punti del libro, in testa mi rimbalzano tutte le citazioni degli scrittori famosi, i consigli dei manuali. Sono così poco diligente? Così presuntuoso? Penso davvero che non mi serva? Voglio davvero privarmi di questa gioia?

Così riprendo tutto in mano, riguardo ogni sequenza e, finalmente, poso gli occhi su quella manciata di tavole che mi era piaciuto così tanto disegnare.
È così che funziona, no? Più le hai amate, più gioia proverai nel cestinarle, vero? Più le hai considerate, più sarai felice di capire che erano il tappo che ingorgava tutto.

Appena tolte, il velo che avevo davanti agli occhi cade. La storia riprende a marciare. L'angoscia dell'ingorgo sparisce.

Però, cari scrittori famosi, a me non ha dato gioia per niente. Sono pagine di cui ancora porto il lutto. Amate ancora come prima anche se ne riconosco l'estraneità.  Vi prego, nel prossimo manuale scrivete un capitolo per quelli come me.



Domani, 4 luglio, dopo aver abitato a lungo i miei pensieri (e quelli di pochi sfortunati che hanno avuto a che fare con me in questi ultimi mesi) esce il mio libro.

Fermo Booktrailer from BAO Publishing on Vimeo.




4 commenti:

Giorgio Salati ha detto...

Non so chi dice che sia una gioia tagliare. Per me è sempre un po' un lutto.

Però poi è una gioia vedere che una storia fila più liscia!

Non vedo l'ora di avere la tua nuova fatica!

Margherita ha detto...

Ma quale gioia?
Tagliare è dolorosissimo, è come rinunciare a una parte di te.

miremari ha detto...

eccolo in arrivo!!! non vedo l'ora di averlo :D

miremari ha detto...

altro che tagliare.... a me il tuo fumetto è piaciuto tanto che avrei voluto almeno il doppio delle pagine ;-)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...