Continuo ad accompagnare l'uscita del libro mettendo qui sul blog altro materiale che illustri un poco il mio modo di lavorare.
Oggi voglio raccontare della maniera in cui passo dall'idea alla tavola finita. Per lo meno della maniera che ho usato in questo libro, perché non sono uno che si affeziona ai metodi, un po' perché li metto sempre in discussione e un po' perché mi piace troppo idearne di nuovi.
Prendiamo come esempio le tavole 28 e 29
Per ogni capitolo, ho passato qualche giorno a scrivere appunti in forma di dialoghi su vari pezzi di carta ( a volte addirittura su un quaderno). Dopo aver fatto decantare quanto scritto per alcuni giorni ancora, ho preso un moleskine "leggero" (di quelli rilegati con il punto metallico) e ho cominciato a mettere quei frammenti di dialogo in vignette e raccogliere le vignette in tavole.
In maniera molto semplice, oserei dire grezza.

Quello che ne è venuto fuori non è una sceneggiatura e nemmeno uno storyboard. Come si vede, a volte ho schizzato delle forme di personaggi ma non erano assolutamente indicazioni per le inquadrature, lo facevo solo per prendere tempo se non mi veniva subito la battuta successiva del dialogo. In questa fase sentivo solo le voci, (come Bernadette!) non avevo bisogno di visualizzare l'azione. Non ho ancora capito se perché avevo già chiaro tutto o perché non ne avevo la più pallida idea (propendo comunque per la seconda ipotesi, come si vedrà dalla fatica fatta in seguito sulle tavole).
NOTA:
Questo metodo si è ripetuto identico per tutto il libro con la sola variazione che a un certo punto ho trovato più divertente fare questo schema scrivendo al computer con un programmino giocattolo che si chiama "Comic life" .
A questo punto cominciavo a sudare sulle tavole. Una prima matita, come uno storyboard in grandezza naturale, con la mina cyan, e poi, direttamente su questa, una matita più definita con una mina 2b.

In questa fase non ho messo balloon, cho cercato di tenere a mente l'ingombro del testo e ho disegnato liberamente.

Una volta finito con la matita 2b, scrivevo qualche appunto a margine, su dubbi di composizione, o mi "cazziavo" su qualche sbaglio per ricordarmi di fare correzioni.
Poi scansionavo le tavole, correggevo le magagne più evidenti, filtravo togliendo il cyan, aggiungevo balloon e lettering con photoshop e mettevo un secondo colore al volo, con la tavoletta grafica, per vedere se l'atmosfera della tavola era quella voluta.

Se tutto mi soddisfaceva, quando avevo un capitolo completo, le tavole partivano via mail alla volta di Nathalie (la mia bravissima traduttrice, indispensabile!) e poi dell'editore. Se no, si ricominciava daccapo.

Una volta approvate le tavole entrava in campo il tavolo luminoso. Stampavo la bozza e lucidavo il tutto con una mina HB su un fabriano f4.

Ottenendo così la mia versione definitiva da colorare (se non sbaffavo tutto, la grafite non perdona!).

A questo punto, nuova scansione dei definitivi, aggiustamento minimo dei livelli (perché mi piaceva rimanesse l'effetto matita evidente), quindi, lettering definitivo (qui ovviamente ho messo quello italiano che troverete nell'edizione Rizzoli Lizard), colorazione semplice... insomma qualche oretta di photoshop

et voilà ecco le tavole completate.

Ho ripetuto il gioco per una novantina di tavole e il libro era fatto! Facile no?